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venerdì 19 Febbraio 2010



IL DISTRETTO AGRICOLO DEL VILLAGGIO NEOLITICO DI RIESCI


Le genti del neolitico attuarono il passaggio da un modello di vita di appropriazione a un sistema di produzione, divenendo stanziali integrarono le primordiali attività di caccia e raccolta con le prime esperienze agricole e pastorali.
La comunità umana, che si stabilì a Riesci in agro di Arnesano (Lecce), ha lasciato a testimonianza della sua presenza, utensili in selce e ossidiana, frammenti di terracotta (C. De Giorgi 1887), fondi di capanne con intorno i fori dei pali, vasche di raccolta dell’acqua, fosse di combustione, alcuni tratti di muro megalitico, oltre ad un articolato sistema viario (L.P.Pati 2006).
La testimonianza più nota, ampiamente trattata in letteratura, è la sepoltura a grotticella artificiale scoperta nel 1968, completa di corredo, conservato nel Museo Nazionale di Taranto, costituito da tre vasi “tipo Diana” e un idoletto litico antropomorfo. Il corredo funerario, in un primo momento, aveva indotto a credere che fosse il prodotto del neolitico finale, 2400 a.C. (F.G. Lo Porto 1972), ma, il rinvenimento di una tomba nel 2001 a Carpignano Salentino (Lecce), datata alla metà del V millennio a.C., del tutto simile a quella di Arnesano (E. Ingravallo, I. Tiberi 2007), riporta l’ effettiva datazione della sepoltura indietro di qualche millennio e riapre il dibattito sull’età dell’insediamento.
Le basi del villaggio di Riesci fondano a 20 m sopra il livello del mare, su un pianoro calvo di tufo che è, il “relitto geologico” della porzione di mare intrappolato all’interno del naturale anfiteatro nella valle della Cupa, in fase di emersione dell’ultima attività tettonica che ha interessato la penisola salentina.
L’area in oggetto di forma ellittica è un bacino endoreico, senza deflusso a mare, definito dalla isoipsa dei 50 m s.l.m., compreso dai due distinti sistemi orografici delle serre, del nord e del sud Salento, si infossa a 16 mt s.l.m. nell’impluvio naturale di fondovalle, contrada Materdomini, dove defluiscono le acque meteoriche. Nei millenni conseguenti all’ultima glaciazione, si è alluvionato uno strato di terreno fertile e ricco di elementi vegetali (terra cupa).
Come un’isola illuminata a cielo aperto nella foresta primigenia, questa porzione di territorio iniziò ad allargarsi a causa della deforestazione, attuata per acquisire terreni da coltivare e per il pascolo, ma anche per reperire legna da ardere o da utilizzare per la costruzione di capanne (P. Laureano 1993).
Questo contesto paesaggistico, deve essere stato ottimale alle esigenze della comunità che scelse di occupare quest’area, centrale all’interno della penisola, a qualche ora di cammino dal mare, circondata da una foresta ricca di selvaggina e da un fertile terreno adatto a una agricoltura non irrigua, quale era quella originaria; abbondavano verdure selvatiche in tutte le stagione e risorse naturali di ogni tipo.
Dal villaggio parte a raggiera un reticolo di vie di comunicazione, anche quelle preesistenti all’insediamento che sono state le correnti di penetrazione dell’intera penisola (D.Novembre 1971), come la strada cardinale vecchia Carmiano, transito orientato est-ovest da mare a mare e la strada maestra, allineata ai menhir di S. Donato, Lequile, Novoli e Campi Salentina, longitudinale al bacino della Cupa, che lo attraversa da sud-est a nord-ovest; a margine di questa fu rinvenuta una gora ossifera con resti di fauna del quaternario (U. Botti 1901), tra cui una zanna fossile di elephas antiquus, ambita preda dell’ uomo del paleolitico.
Queste due strade, con quella che porta da un verso a Surbo e dall’altro a Copertino, racchiudono in un triangolo l’area archeologica di Riesci.
A Surbo e a Copertino sono stati rinvenuti due “ripostigli di asce” del bronzo (D. Novembre 1971).
Una strada, ancora in gran parte esistente, collegava il villaggio neolitico di Riesci con l’abitato dell’età del bronzo di Cavallino, a metà di essa, in epoca messapica si sviluppò la città di Rudiae, praticamente sono distribuite in 10 km le più significative presenze preromane della valle della Cupa.
Il primo tratto di questa antica strada (via Velardi), in località Materdomini, mediamente posto a 16 mt s.l.m, interamente inciso nel banco di tufo affiorante che dal lato est dell’area del villaggio si sviluppa lungo il solco d’impluvio del bacino della Cupa, i cui bordi sono segnati con muri a secco di pietre di tufo che hanno costituito una naturale protezione alle secolari piante di timo radicate nelle fratture della roccia. Con un progetto realizzato dall’Istituto Tecnico Commerciale Bachelet di Copertino (Lecce), nelle finalità del concorso per la scuola secondaria di II grado, indetto dal FAI, Fondo Ambiente Italiano, si vuole valorizzare questo angolo di paesaggio.
Dalle tesi esposte e dalla consultazione della bibliografia elencata nello studio di G. Neglia del 1970, Il fenomeno delle cinte di specchie della penisola salentina, sono individuabili su base toponomastica dieci specchie, ubicate lungo le vie di comunicazione che a 360° si diramano dal villaggio.
Le specchie, monumentali ammassi di pietre sotto forma di cumulo, “celebri e misteriose” sono una peculiare testimonianza del Salento antico.
Quelle che costituiscono la cinta intorno all’insediamento di Riesci, costruite a corona del territorio sottratto alla foresta, a comunicarne il possesso, sono, partendo dalla specchia posta a nord, di seguito elencate in senso antiorario con indicata in metri la quota altimetrica sul livello del mare e in chilometri la distanza approssimativa dal villaggio. Risultano visivamente collegate tra loro.

• specchia di Trepuzzi, m 48 s.l.m., km 6,500 ;
• specchia di S. Croce a Campi, m 32 s.l.m., km 6,750;
• specchia di Carmiano, m 37 s.l.m., km 6,250;
• specchia del Saetta a Monteroni, m 36 s.l.m., km 5,250;
• specchia di Vittorio a iorni , m 50 s.l.m., km 8,250;
• specchia di S. Donato, m 82 s.l.m., km 11,500;
• specchia di Ussano, m 87 s.l.m., km 10,750 ;
• specchione di Cavallino, m 46 s.l.m., km 9,250;
• specchia de Lauris a Lecce;
• specchia de Tremititis a Surbo;

di queste due ultime è incerta la loro localizzazione ( C. De Giorgi).

Senza uno studio di compatibilità con il contesto archeologico, senza autorizzazione paesaggistica e senza alcun parere espresso dalla Soprintendenza su questo patrimonio, simbolo di una parte della storia antica di tutti i pugliesi, in particolare sull’area preistorica di Riesci, con un progetto del Comune di Arnesano, finanziato nell’ottobre 2009 dalla Regione, che chiamano “ programmi integrati di riqualificazione delle periferie” (PIRP), con motivazioni molto stringate, saranno costruite alcune palazzine. Una parte del tratto dell’antica strada che si voleva proporre a vincolo paesaggistico, con la costituzione del “Parco del timo” è stata già asfaltata.

Arnesano febbraio 2010

Luigi Paolo Pati

4 commenti:

  1. Ho appena letto sul Corriere del Mezzogiorno della manifestazione "Prendersi cura della cultura" che si terrà domani a Lecce. Ho pensato che sarebbe un bel titolo anche per qualche manifestazione da organizzare nel "Parco del timo"...intanto mi piace l'idea di coinvolgere, attraverso il gioco, i più giovani e le loro famiglie allo scopo di recuyperare la memorie storica, rivalutarla, e favorire l'avvicinamento alla cultura e alla storia locale.

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  2. Questo blog è davvero una sorpresa... o meglio mi sorprendo a scoprire, praticamente dietro l'angolo di casa mia, un antichissimo pezzo di storia! Grazie Architetto Pati.
    Maria C.

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  3. CAMPANE
    Nell'aria azzurra
    un suono dolce di campane
    libera un attimo il cuore
    dalla pazza corsa del tempo.
    E la mente
    dimentica gli affanni
    per un pensiero
    all'Invisibile.

    Maria Rosaria Cappello

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  4. Carissimo Paolo,
    sei una risorsa umana inesauribile. Il tuo grande amore per ciò che ti circonda e la passione per difendere i beni preziosi che, spesso ignoriamo, pur avendoli accanto, mi hanno da subito conquistata e coinvolta e, nel mio piccolo, non posso che suscitare il mio stesso entusiasmo nei miei alunni con la speranza che le nuove generazioni diventino sempre più sensibili e rispettose della loro storia e del loro ambiente.
    Adriana

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